Un cantiere lungo oltre otto secoli quello dell’Insigne Collegiata di S. Giustina, la parrocchiale di Mondolfo. Tracce della sua esistenza sono datate sin dal 1290 ma, quando alla fine del Cinquecento la visitava il vescovo di Senigallia Pietro Ridolfi, la stessa gli sembrava più una stalla che una chiesa, visto lo stato generale di fatiscenza.
Santa Giustina
Santa Giustina
Ne ordinava pertanto la ricostruzione: nel 1602 la comunità di Mondolfo otteneva dal Duca d’Urbino di poter ampliare di circa mezzo metro – e per la lunghezza di venti – il fianco settentrionale (quello verso l’odierno corso della Libertà), con i lavori che prendevano avvio nel 1615 per terminare nel 1635; la chiesa rinnovata era assunta a tanta bellezza e importanza che Papa Urbano VIII la insigniva del titolo di Collegiata, con Arciprete, Canonici e Mansionari. Gli eventi sismici subiti dal Castello nel 1672 così come nel 1742 furono probabilmente ragione per porre nuovamente mano alla Collegiata. Importanti lavori condussero infatti nel secolo XVIII al secondo ampliamento della parrocchiale, facendo avanzare il fronte dell’edificio, quello del portone principale di accesso, sino in linea con la Strata Magna, la via Grande (via XX settembre) che conduceva alla porta principale del Castello. Nelle sue nuove forme tardo barocche, elegante e capiente di tutto il popolo, l’Insigne Collegiata di S. Giustina veniva consacrata dal vescovo Ippolito De’Rossi il 18 maggio 1760. Nel 1833, su progetto dell’architetto Giuseppe Ferroni da Senigallia, era infine costruito il Cappellone del SS. Sacramento, che avrebbe poi ospitato il quadro della Madonna della Misericordia, custode delle preziose chiavi d’argento del Castello.
Statua di Santa Giustina, sec. XVII
Statua di Santa Giustina, sec. XVII
Connotata all’esterno dai caldi colori del cotto, e con una facciata rivisitata in stile neogotico, l’interno della Collegiata si presenta a unica navata, ampia e luminosa, riccamente decorata dai classici stilemi barocchi. Altari, posti sotto il patronato delle più illustri famiglie della Terra di Mondolfo, cadenzano singolarmente l’ambiente, trovando spazio direttamente all’interno dell’aula. Nel primo a sinistra entrando vediamo la tela copia da Guido Reni con raffigurata la Madonna con Bambino e S. Filippo Neri, opera che differisce dall’originale romano per importanti particolari, come alcuni gruppi o singoli angeli che caratterizzano il quadro mondolfese. Nel secondo altare, copia da Federico Barocci, ecco l’Annunciazione, realizzata da F. Scalabrini nel 1891 dove l’autore personalizza il gatto presente in primo piano, rispetto alla tela dell’urbinate. Il terzo altare, di Autore ignoto di ambito romano, reca il Sacro Cuore di Gesù e S. Margherita Maria Alacoque, esecuzione dei primi del XX secolo, dai tipici modelli formali del passato, tra mistiche visioni barocche e classicismo accademico di matrice romana. Prima di accedere al presbiterio, ai lati due statue: sulla sinistra, in terracotta policroma del secolo XVI, S. Lucia; sulla destra, in realizzazione plurimaterica, S. Filomena. Le vele del presbiterio sono ornate da quattro tele ovali, di ambito marchigiano ed ascrivibili al periodo 1740-1760, con i Quattro Evangelisti, mentre alla parete, sempre di Autore di ambito marchigiano, l’Immacolata Concezione, S. Biagio, S. Antonio abate e S. Apollonia. Nel retro dell’altare maggiore realizzato in marmi policromi, l’abside della Collegiata con il coro ligneo dei Canonici; ai lati due ovali: sulla sinistra la tela con S. Girolamo penitente, a destra S. Maria Maddalena Mirrofora, entrambe commissionate dal canonico Don Girolamo Betti nell’anno 1762. Al centro la grande pala d’altare, contenuta in un ricco medaglione dorato, con raffigurata la Madonna col Bambino e i Santi Giustina e Marino, voluta dal primo Arciprete della Collegiata Don Francesco Ponti nel 1693 e realizzata tuttavia solo più tardi. Nel Cappellone del SS. Sacramento, la statua lignea policroma del Seicento raffigurante S. Giustina, patrona della città e del comune di Mondolfo (solennità che cade il 26 settembre), e S. Emidio voluto dalla comunità nel 1783 a protezione della città dai terremoti. All’altare la Madonna della Misericordia, opera attribuita a Giovanni Battista Scaramelli (1687-1752). Tornando nella navata, l’altare del Crocifisso, con nella ricca cornice settecentesca intarsiati gli strumenti della Passione del Cristo. L’ultimo altare reca la tela del Martirio di S. Stefano, opera di ambito marchigiano, a cavallo fra XVII e XVIII secolo. Sopra il portone d’ingresso, l’imponente cantoria con il prezioso organo storico Gaetano Callido, realizzato nel 1776, raffinato strumento liturgico e dall’uso concertistico.
Cantoria con organo di G. Callido, 1776
Cantoria con organo di G. Callido, 1776