Simmetrica, ieratica, rossa, l’Abbazia di S. Gervasio di Bulgaria a Mondolfo appare così, incastonata tra il verde della campagna sulla riva sinistra del fiume Cesano.Esterno dell’abbazia di San Gervasio Bastano però pochi passi attorno alla chiesa, dall’inconfondibile pianta basilicale, per rendersi conto che non è affatto un’illusione: nella cittadina affacciata sull’Adriatico è realmente custodito un tesoro dal fascino segreto e misterioso. Una delle più antiche chiese della Diocesi di Senigallia, certo fra le più belle quanto enigmatiche della Provincia di Pesaro e Urbino, accoglie il visitatore in un itinerario tra fede, storia, archeologia e arte tutto da scoprire. L’Abbazia altomedievale di S. Gervasio di Bulgaria, dalle origini paleocristiane, sorge a Mondolfo lungo il diverticolo della Strada consolare Flaminia che, all’altezza di Cagli, piegava verso meridione e, percorrendo all’incirca l’attuale provinciale della Valcesano, passando per S. Gervasio, Sterpettine, Senigallia giungeva sino ad Ancona, principale porto della media costa adriatica. La costruzione dell’abbazia lungo una fondamentale direttrice stradale non fa certo meraviglia, in quanto i primi luoghi di culto sorsero proprio a ridosso delle più importanti vie di comunicazione attraverso le quali anche la Buona Novella si diffuse in tutto il mondo. Del resto, qui, con tutta probabilità, sorgeva in epoca tardo romana la stazione di posta di Ad Pirum Filumeni, luogo segnalato dalla Tabula Peutingeriana, catalizzatore di scambi e incontri non solo commerciali, oggi testimoniati dall’area archeologica ancora ampiamente da indagare. L’Abbazia di S. Gervasio, che all’esterno si presenta a pianta basilicale a tre navate, all’interno risente dei rimaneggiamenti settecenteschi che, pur consentendo la lettura triabsidata del sacro edificio, entrando ne mostrano in un primo tempo la sola navata principale. L’impianto basilicale della chiesa denota una costruzione simmetricamente rapportata a un asse longitudinale mediano nella quale appositi accorgimenti attuati nel restauro consentono anche una parziale lettura delle colonne che delimitavano le navate laterali del tempio mondolfese. L’altare è rivolto verso Oriente, dove nasce il sole, perché nella Chiesa è venerato il Sole di Giustizia, Cristo Signore. Nella navata, attraverso il mattonato si legge chiaramente, circa a metà, una precedente struttura, all’altezza dell’antico pavimento, che individua una porta. Tale accesso è ubicato su quella che è ritenuta la più antica costruzione – cella – dell’Abbazia di S. Gervasio. Si tratta di una struttura a pianta quadrata, dalle murature più spesse (leggibili anche nella divisione fra la navata centrale e laterale) rispetto il restante della chiesa e la cui origine è molto incerta: si può forse ricollegare con un martyrium, cioè con un luogo ove veniva venerata la reliquia di un santo, ma non si può nemmeno escludere che detto varco rintracciato sul pavimento delimitasse invero un antico nartece, oppure che segnasse l’iconostasi.Dettaglio sarcofago Indubbiamente il luogo più suggestivo dell’intero complesso di S. Gervasio è la cripta “a fungo” sorretta da un’unica colonna in marmo cipollino, denotata nel perimetro da arcatelle cieche e dominata al centro dal più grande sarcofago di stile ravennate presente nelle Marche e databile ai primi anni del VI secolo. Questo manufatto – che tradizione vuole conservare il corpo di S. Gervasio – esprime nelle sue raffigurazioni la fede di quei primi cristiani. Vi troviamo infatti incisa la Croce, i pavoni, il labaro costantiniano, l’edera. Se è vero poi che “nessuno è immortale” come è scritto in greco nella lastra quadrangolare di alabastro, posta rovesciata (chi la murò nell’Alto Medioevo non sapeva forse leggere?) sulla sommità della colonna centrale della cripta di S. Gervasio, è altrettanto vero che con il sacramento del Battesimo ogni cristiano è chiamato alla vita eterna: ecco dunque il Fonte battesimale di S. Gervasio, porta dell’immortalità del credente. Finemente lavorato, databile attorno al XII secolo (ma c’è pure chi lo riconduce al sec. VII-VIII) è ora conservato nel Palazzo comunale di Mondolfo. Passando sotto la navata centrale attraverso una galleria tagliata nella malta cementizia di epoca romana, si giunge alla navata sud di S. Gervasio. Qui la scelta del restauro rende possibile una lettura globale dell’edificio, grazie alla visione dell’intera navata come si presentava all’epoca della costruzione, scandita dal colonnato. La storia di S. Gervasio di Bulgaria e quella di Mondolfo sembrano essere strettamente collegate. È stata ipotizzata la fondazione del potente monastero di S. Gervasio, risalente all’alto Medioevo ben prima del Mille, alla presenza in loco degli Offonidi, la gens che avrebbe dato origine al nome di Mondolfo (Mons Offo) signori del Castello per vari anni. La festa annuale si celebra nell’abbazia il sabato dopo Pasqua, “sabato in Albis”.
Disegno ricostruttivo dell’Abbazia di San Gervasio Guarda